Non mi aspettavo che Once Upon a Puppet mi colpisse così profondamente. Pensavo di trovarmi di fronte a un platform indie leggero e affascinante, ma mi sono ritrovato immerso in un’esperienza emotiva e memorabile. Il gioco non cerca di rivoluzionare il genere platform, e sinceramente non ne ha bisogno. Brilla per la sua narrazione, presentazione, atmosfera e colonna sonora, al punto che tutto il resto passa in secondo piano.

La storia di Once Upon a Puppet è un viaggio fiabesco, a tratti malinconico, ma è la sua messa in scena a renderla indimenticabile. Ogni momento significativo, ogni livello, è allestito come uno spettacolo teatrale, con scenografie che si sollevano, personaggi che si muovono come attori e transizioni che sembrano il lavoro di macchinisti dietro un sipario di velluto. La narrazione segue due compagni improbabili, uniti da magia e destino, che scoprono verità su se stessi e sul mondo perduto che attraversano.
Drev è un burattino smarrito nell’Understage, un mondo strano e dimenticato. Nieve, un tempo stimata costumista della famiglia reale, è stata esiliata nell’Understage dopo aver creato il costume sbagliato, un errore che le è costato tutto. Sopra, il Re è in preda al dolore, gettando i suoi ricordi e chiunque glieli ricordi nelle profondità dimenticate. Attraverso il destino e un pizzico di magia, Nieve, che è solo un braccio e una mano, è legata a Drev da fili, e insieme partono per scoprire la verità dietro la discesa del Re e il crollo del loro regno.

La storia non evita emozioni reali. Temi come il dolore, la rabbia, l’accettazione e la guarigione sono intrecciati nei tre atti del gioco, e al calare del sipario finale, sono rimasto sorpreso da quanto tutto ciò mi abbia toccato. Forse ha avuto un impatto maggiore perché stavo attraversando una settimana difficile; il mio cane, compagno di molti anni, era appena venuto a mancare. In molti modi, i temi dell’addio, del trovare la pace e del ricordare i momenti gioiosi attraverso il dolore rispecchiavano ciò che stavo provando. Non era solo una narrazione per me, era una catarsi.
Se c’è un’area in cui Once Upon a Puppet non eccelle, è nel gameplay. Il platforming è abbastanza semplice: salto, doppio salto, spostamento di oggetti, corsa, ecc. Per la maggior parte del gioco, va bene così. I controlli sono reattivi e le sfide sono abbastanza leggere da non ostacolare il ritmo.
Tuttavia, nel terzo atto, c’è un picco di difficoltà evidente e improvviso. E’ richiesta una precisione nel platforming in rapida successione, spesso con nemici che appaiono immediatamente, che non danno il tempo di reagire prima della morte e forzano a ricominciare.
Ho anche incontrato alcuni bug nelle sezioni finali: nemici che appaiono proprio sopra di me o glitch che hanno resettato la mia posizione inaspettatamente. Niente di grave, ma hanno contribuito alla sensazione che l’atto finale, pur essendo emotivamente potente, avesse bisogno di un po’ più di rifinitura.

Once Upon a Puppet è una meraviglia visiva per tutta la sua durata. Ogni livello sembra essere stato estratto direttamente da un set teatrale artigianale, con oggetti di scena in legno, fondali scorrevoli e piattaforme mobili che ricordano i palcoscenici dei marionettisti. La direzione artistica si ispira fortemente al feel di un libro di fiabe vivente: linee nitide, illuminazione teatrale e design dei personaggi che sembrano essere stati amorevolmente ritagliati da carta da costruzione e portati in vita. È uno stile sia nostalgico che originale, combinando il fascino del teatro di burattini con il dinamismo dell’animazione 2D moderna.
Anche il design dei livelli merita una menzione. Ogni area sembrava distinta e significativa, non solo per come appariva, ma per come contribuiva alla storia raccontata. Il mondo non sembrava mai un riempitivo; ogni elemento visivo, dagli oggetti di scena sullo sfondo ai piccoli dettagli di illuminazione, sembrava posizionato con uno scopo. Anche i frammenti collezionabili e gli oggetti di scena dei costumi, tecnicamente opzionali, offrivano piccoli approfondimenti narrativi che arricchivano il mondo anziché appesantirlo.
Un applauso in particolare al compositore Arkadiusz Reikowski, che ha sviluppato una colonna sonora davvero memorabile, e che riesce letteralmente a manovrare le tue emozioni a seconda del mood del gioco in un determinato momento.
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VALUTAZIONE FINALE - Once Upon a Puppet
Se togliamo il picco di difficoltà e i bug presenti nel terzo atto, Once Upon a Puppet è una piccola gemma che merita di essere provata da tutti i fan del platform.
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