Verho – Curse of Faces: Una Lettera d’Amore a King’s Field

Verho – Curse of Faces è un’opera che riesce a catturare lo spirito dei classici RPG di FromSoftware senza risultare una semplice imitazione. Sviluppato da Kasur Games e pubblicato da CobraTekku Games, questo titolo si propone come uno dei successori spirituali più convincenti di King’s Field, mantenendo fedeltà al genere pur includendo alcuni accorgimenti moderni che lo rendono più accessibile rispetto ai suoi precursori.

Introduzione

Il gioco inizia con un’atmosfera subito ben costruita: la maledizione dei volti ha devastato il mondo, trasformando la visione del viso di un’altra persona in una condanna a morte istantanea sia per chi vede che per chi viene visto. Dopo 264 anni di isolamento totale, l’umanità ha imparato a sopravvivere usando maschere, diventate simbolo di salvezza e identità. Il protagonista si ritrova intrappolato nella terra di Yariv, costretto a cercare le radici della maledizione mentre affronta nemici sempre più minacciosi. La premessa è solida e immediatamente coinvolgente, fornendo una giustificazione tematica elegante per il sistema di gioco.

Verho - Curse of Faces
Copertina di gioco

Gameplay

Il primo impatto con Verho è deciso: iniziate praticamente disarmati, con una spada rotta, e persino i pipistrelli dei livelli iniziali rappresentano una minaccia seria. Il gioco non scende a compromessi sulla difficoltà, richiamando l’approccio old-school dove ogni passo richiede prudenza. Il sistema di combattimento si basa su un meccanismo di carica piuttosto singolare: tenete premuto il tasto d’attacco fino a quando la barra di stamina non raggiunge il massimo, dopodichè dovete rilasciare al momento giusto per colpire effettivamente. Non è intuitivo inizialmente, ma diventa naturale con la pratica.

Quello che sorprende più positivamente è la varietà delle armi. Ogni arma ha caratteristiche distinte: la spada richiede di avanzare verso il nemico con un’affondo, mentre le armi pesanti rimangono statiche ma infliggono danni maggiori. Persino l’arco, una volta in mano, cambia drasticamente l’esperienza di gioco, aumentando la sopravvivenza esponenzialmente. La magia funziona similmente: le rune magiche rappresentano incantesimi con effetti e costi di mana differenti.

​Il sistema di progressione è costruito intorno alle maschere. Ogni maschera rappresenta una classe con una distribuzione iniziale di stat diversa, ma nulla è permanente: potete riconfigurare completamente il vostro personaggio tramite il rituale dello “sfondamento della maschera”, distruggendo la vecchia e adottandone una nuova. Avete tre punti da distribuire in qualsiasi stat ogni volta che salite di livello, permettendovi di sperimentare build ibride.​

L’esplorazione è intenzionalmente nebulosa: non esiste una mappa moderna. Solo una bussola vi guida, costringendovi a memorizzare il layout dei dungeon e ad affidarvi alla curiosità per scoprire i segreti.

Storia

La narrazione di Verho è sparsa e volontariamente frammentaria, in linea con le tradizioni di King’s Field. Gli elementi centrali sono spiegati al principio, ma i dettagli più succulenti emergono lentamente tramite note trovate nel mondo, dialoghi con gli NPC, e soprattutto inferenze del giocatore. La ricca lore del mondo parla di un conflitto antico tra il regno di Heravel e l’impero di Oriun, dove la religione del Maker e l’espansionismo violento hanno plasmato il destino del mondo.

Gli abitanti di Yariv hanno le loro storie personali. Sono avventurieri speranzosi come voi, guerrieri esperti con le loro cicatrici, personaggi che hanno affrontato fallimenti e perdite.

​La bellezza della storia è come essa si rivela lentamente. Non viene servita su un piatto d’argento; dovete cercarla, interpretarla, fare salti logici. Questo approccio non sarà gradito a chiunque desideri una narrazione immediata e polished, ma per gli amanti del lore ambientale e del world building da scoprire, rappresenta un punto di forza considerevole.

Esplorando il mondo di gioco

Grafica ed Effetti Sonori

Visivamente, Verho abbraccia un’estetica retro, ispirandosi ai limiti grafici del PlayStation 1. I modelli poligonali bassi e le palette di colori smorzate creano un’atmosfera di alienazione e disperazione perfettamente funzionale al tono del gioco. Non è bella nel senso tradizionale, ma è bella nel suo scopo: cattura l’essenza di un’era di gioco dove l’immaginazione doveva compensare le limitazioni tecniche.​

La colonna sonora e appropriata, creando quella sensazione di pericolo imminente che caratterizza l’intero gioco.

Conclusione di Verho – Curse of Faces

Verho – Curse of Faces è un gioco che sa quello che vuole essere e vi si impegna senza scusarsi eccessivamente. Non è un titolo per tutti: la difficoltà iniziale è seria, le meccaniche sono deliberatamente arcane, l’interfaccia utente può risultare confusa, e la mancanza di una mappa moderna richiede impegno mentale costante.

Tuttavia, per chi apprezza i dungeon crawler atmosferici, l’esplorazione ricompensata e il senso di scoperta genuina, questo titolo offre una quantità considerevole di valore. La replayabilità è alta grazie alle variabili build possibili e ai segreti nascosti che scoprirete solo nella seconda o terza sessione. Non è King’s Field rinato, ma è un rispettabile proseguimento di quella tradizione, sviluppato con cura e passione evidente per il genere.

L’atmosfera densa, la varietà d’armi e magia, e il sistema di esplorazione basato sulla curiosità piuttosto che sulla guida moderna lo rendono un’esperienza memorabile per chi sa cosa aspettarsi e è disposto a investire tempo nella sua logica.

Verho - Curse of Faces
7.0

Verho – Curse of Faces è un RPG dark fantasy first-person che emula fedelmente King's Field, offrendo esplorazione atmosferica, combattimento impegnativo e una storia frammentaria che ricompensa la curiosità. Nonostante alcuni compromessi nella scrittura e qualche squilibrio meccanico, rappresenta una versione moderna di un genere dimenticato con sufficiente identità propria.

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