Raccontare le origini di un personaggio così legato all’immaginario delle avventure anni ’90 è un’operazione delicata, e Simon the Sorcerer Origins lo affronta con un approccio molto chiaro: non riscrivere il passato, ma evocarlo in modo quasi filologico. Non è un remake, ma un nuovo capitolo che si incastra pochi giorni prima degli eventi del titolo del 1993, con la volontà di far rivivere atmosfere e meccaniche di un’epoca ormai lontana. Perfino la voce di Simon è un ritorno al passato, grazie alla presenza di Chris Barrie nel ruolo del giovane mago riluttante.
Il gioco apre le danze con un’introduzione che mescola quotidianità e irriverenza: i genitori di Simon litigano durante il trasloco verso una nuova casa, esasperati dall’ennesima bravata scolastica del figlio che ha costretto tutta la famiglia a cambiare città. È una scena costruita con leggerezza, punteggiata da dettagli anni ’80-’90 come il lettore musicale “Pony” da cui sgorga la voce di Rick Astley. L’atmosfera ammicca fin da subito a un mondo colorato, sospeso tra nostalgia pop e cartoon.

L’ingresso nella nuova casa funge da tutorial mascherato, un’introduzione divertente in cui la madre ripete continuamente a Simon di non fare determinate cose, mentre il gioco ti invita a fare esattamente il contrario. È un modo furbo e leggero di reintrodurre le logiche classiche del genere, e funziona bene. La scelta estetica di abbandonare la pixel art per uno stile illustrato, simile ai cartoni di quegli anni, dona immediatamente personalità alle ambientazioni e alle animazioni, senza snaturare lo spirito originario.
L’inizio scorre piacevolmente: gli oggetti utili sono chiaramente evidenziati, l’inventario è semplice da gestire e i primi enigmi — tra cui la classica combinazione di oggetti assurdi alla punta-e-clicca, come unire spago e calamite per creare un improbabile attrezzo — sono coerenti e intuitivi. E poi, just in time, arriva la svolta fantastica: un portale si apre nel soggiorno e trascina Simon in un mondo popolato da maghi bizzarri, strane creature e personaggi sempre pronti a dire la loro. Il tono rimane familiare, volutamente retrò, e per un attimo sembra davvero di essere tornati nel 1995.
Ed è proprio qui che iniziano le crepe. Il gioco, nel tentativo di omaggiare pedissequamente i vecchi punta-e-clicca, riprende anche alcune rigidità del passato che oggi risultano meno affascinanti. La progressione degli enigmi è estremamente guidata: se provi a fare qualcosa prima che la trama te lo autorizzi, semplicemente non puoi. Alcuni personaggi non accetteranno di commerciare con te finché non hai ascoltato la battuta giusta, un quadro non può essere appeso finché Simon non legge una frase specifica, e certe interazioni restano bloccate fino all’attivazione di un evento invisibile.

È la classica struttura che, negli anni ’90, obbligava a tentare ogni oggetto su ogni superficie per capire cosa avesse “sbloccato” l’avanzamento. Ma qui diventa frustrante: capita di passare molto tempo a provare combinazioni nella speranza di aver tralasciato qualcosa, solo per scoprire che nulla funzionerà finché non si è parlato con il personaggio X o letto la scritta Y. I suggerimenti — affidati a Calypso — sono intermittenti e finiscono rapidamente, lasciando il giocatore in un labirinto di tentativi spesso inutili.
A peggiorare la situazione c’è il ritmo del movimento. Simon cammina con una calma disarmante, e il tasto per correre migliora solo in parte la lentezza generale degli spostamenti. Esistono punti di viaggio rapido, sì, ma quando ci si ritrova a vagare senza metà precisa, la mappa diventa una sorta di percorso ad ostacoli che amplifica la frustrazione. Anche l’inventario, che inizialmente funziona bene, diventa meno pratico quando si riempie di troppi oggetti inutilizzati: scorrere tra più righe alla ricerca dell’oggetto giusto non è mai particolarmente piacevole.
Dal punto di vista tecnico il gioco è stabile, anche se alcuni caricamenti tra una scena e l’altra sono inspiegabilmente lenti, soprattutto nell’area di campagna vicino alla chiesa. L’interfaccia è chiara, i controlli sono illustrati con cura e la presenza del touchscreen è un bel vantaggio. Apprezzabile anche la possibilità di salvare più slot e gli autosave frequenti. Meno riuscita è la gestione degli achievement, visualizzabili solo dal menu principale e privi di descrizioni utili.

Il tono umoristico rimane fedele allo spirito della saga: sarcasmo, battute metanarrative e frecciate al giocatore abbondano. Il problema è che questo umorismo funziona solo quando il ritmo di gioco accompagna la battuta; quando invece si è bloccati da un puzzle poco intuitivo o da una progressione arbitraria, lo humour si trasforma in rumore di fondo e perde mordente. Capita di ritrovarsi con un oggetto apparentemente fondamentale che non può ancora essere usato, oppure davanti a una porta che forse è rilevante ma che il gioco rifiuta di farti aprire: momenti in cui la comicità si spegne, lasciando solo confusione.
Simon the Sorcerer Origins è pensato per un pubblico ben preciso: chi ha amato gli old-school punta-e-clicca, con i loro ritmi lenti, la logica circolare e un certo livello di frustrazione considerato “parte dell’esperienza”. E per chi cercava esattamente questo, il gioco avrà probabilmente un fascino indiscutibile. La cura riposta nello stile grafico, l’attenzione ai dettagli, la volontà di preservare un certo tipo di umorismo e il ritorno della voce storica sono tutti elementi che fanno centro.
Tuttavia, per chi sperava in un’avventura moderna capace di fondere nostalgia e fluidità, il risultato può sembrare un’occasione mancata. La mancanza di un sistema di suggerimenti più solido, la rigidità della progressione e i tempi morti negli spostamenti penalizzano un prodotto che, per atmosfera e presentazione, avrebbe potuto brillare molto di più.
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VALUTAZIONE FINALE - Simon the Sorcerer Origins
Un titolo costruito con amore e rispetto per l’originale, capace di affascinare chi cerca un ritorno alle radici del genere, ma che rischia di lasciare perplessi i giocatori in cerca di un’avventura più scorrevole, intuitiva e moderna.


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