Digimon Story: Time Stranger

Digimon Story: Time Stranger – Recensione

Dopo anni di attesa, Digimon Story: Time Stranger segna il ritorno di una delle serie più amate dai fan dei mostri digitali. Bandai Namco ha scelto di rilanciare la linea principale dei giochi “Story”, ferma dal 2018, e le aspettative erano enormi: otto anni di sviluppo, promesse di miglioramenti tecnici e una nuova avventura che avrebbe dovuto rappresentare il passo avanti definitivo per il franchise.
Il risultato? Un titolo solido, divertente, ma anche sorprendentemente conservativo.

Digimon Story: Time Stranger

La prima cosa che colpisce di Time Stranger è la sua continuità con Cyber Sleuth e Hacker’s Memory. A livello strutturale, sembra quasi un capitolo “3.0” di quella stessa esperienza: dungeon lineari, missioni secondarie limitate e il solito mix tra indagini nel mondo reale e incursioni nella dimensione digitale.
Non è un difetto in sé — Cyber Sleuth aveva già un’ottima base — ma dopo così tanto tempo, ci si sarebbe aspettati un’evoluzione più marcata. Invece, Time Stranger gioca la carta della sicurezza: migliora la qualità della vita del giocatore, semplifica la gestione dei Digimon, ma evita qualsiasi rischio.

Una delle aggiunte più gradite è la possibilità di gestire le evoluzioni e la squadra direttamente dal menu, senza dover tornare ogni volta al DigiLab. Il sistema di crescita è più flessibile, le mosse si possono cambiare liberamente e la personalizzazione del team è finalmente intuitiva. Tuttavia, sotto questa patina di modernità, il cuore del gioco resta lo stesso di dieci anni fa.

Digimon Story: Time Stranger

La trama parte da un presupposto interessante: il mondo sta collassando per ragioni ignote e il protagonista — un agente dell’organizzazione ADAMAS — viene proiettato indietro di otto anni per scoprire l’origine del disastro. A seconda della scelta iniziale, si può giocare come agente maschio o femmina, mentre il personaggio non selezionato agisce come operatore dal futuro. Una dinamica carina, anche se la narrazione rimane spesso impersonale: il protagonista è muto e molte delle sfumature emotive ricadono sull’operatore o sui personaggi secondari.

Il nuovo scenario digitale, Illiad, è una delle sorprese migliori. Introduce una mitologia più ricca, dominata dagli Olympos XII e da Digimon come Aegiomon, che qui trova finalmente spazio come figura centrale. La sua relazione con la giovane Inori rappresenta il cuore emotivo del racconto — sobrio, ben gestito, anche se privo di veri colpi di scena.

Digimon Story: Time Stranger

Peccato che il resto del cast risulti meno incisivo: gli Olympos 12, potenzialmente affascinanti, vengono ridotti a figure di contorno, e solo pochi di loro (come Minervamon) riescono a distinguersi davvero.

Il sistema di combattimento resta quello a turni di Cyber Sleuth, con piccoli ritocchi. È possibile velocizzare o saltare le animazioni, rendendo il ritmo più dinamico. I combattimenti sono ben bilanciati, ma mancano di varietà: la sensazione di déjà vu è costante, e anche le missioni secondarie, pur presenti, raramente offrono qualcosa di più di semplici fetch quest o minigiochi di dubbio interesse (come corse o prove di riflessi).

Curiosa, ma non sempre riuscita, l’introduzione dei Dungeon Esterni, zone opzionali dove affrontare sfide brevi e minigiochi. L’idea è buona, ma l’esecuzione spesso risulta abbozzata.

Dal punto di vista grafico, Time Stranger migliora sensibilmente rispetto ai precedenti capitoli. I modelli dei Digimon sono stati rifatti da zero e ora vantano oltre 450 creature diverse, finalmente coerenti e ben animate. Tuttavia, la resa visiva è altalenante: alcuni modelli appaiono dettagliati e convincenti, altri tradiscono texture a bassa risoluzione o un’illuminazione irregolare.
In certi casi, sembra quasi che il gioco non sappia se puntare a uno stile realistico o a un cel shading stilizzato, e il risultato è un compromesso poco elegante.

Digimon Story: Time Stranger

Anche gli ambienti peccano di monotonia. Nonostante qualche zona più ispirata — come il suggestivo Guardian Palace — la maggior parte delle mappe è composta da corridoi e stanze riciclate, troppo simili tra loro per stimolare l’esplorazione. È un problema storico della serie che qui non trova ancora soluzione.

Dal punto di vista prestazionale, il gioco si comporta bene su PC, scalando con facilità anche su macchine modeste. Tuttavia, le versioni console sono bloccate a 30 fps, un limite difficile da giustificare vista la semplicità tecnica del motore di gioco.

La colonna sonora, pur non memorabile, accompagna bene le atmosfere e si fonde con l’azione senza mai risultare invadente. I veri problemi arrivano dagli effetti sonori: molti sono riciclati da giochi più vecchi, e stonano con i modelli aggiornati.

Il punto più controverso di Time Stranger è forse la sua politica dei contenuti aggiuntivi. Già al lancio il gioco include numerosi pacchetti extra: costumi, missioni secondarie, musica degli anime, versioni alternative di Agumon e Gabumon e perfino bonus legati ai preorder.

Nonostante tutto, Time Stranger resta un buon gioco. Il suo sistema di evoluzioni, la costruzione del team e il fascino dei Digimon bastano a catturare chi ha amato i capitoli precedenti. Tuttavia, non si può ignorare il fatto che il titolo giochi in difesa: è un capitolo che guarda indietro, non avanti.
Per chi voleva un passo evolutivo paragonabile a quanto Cyber Sleuth rappresentò all’epoca, questa è un’occasione mancata.

VALUTAZIONE FINALE - Digimon Story: Time Stranger
7.5

Digimon Story: Time Stranger è un ritorno piacevole ma troppo prudente. Divertente, curato e fedele alle sue radici, ma privo del coraggio necessario per far evolvere davvero la serie. È il miglior Digimon degli ultimi anni… e al tempo stesso, il meno sorprendente.

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