C’è qualcosa di irresistibile nei platform 3D vecchio stile, soprattutto per chi è cresciuto a pane, mascotte e salti acrobatici. Ed è per questo che giochi come Ruffy and the Riverside attirano subito l’attenzione: un protagonista tenero, ambientazioni briose, meccaniche creative… almeno sulla carta. Ma sotto la superficie pastello e l’atmosfera zuccherosa, questo titolo lascia un retrogusto amaro.
La premessa è semplice, quasi archetipica: Ruffy deve salvare il mondo da una minaccia misteriosa, raccogliendo oggetti magici disseminati in vari mondi. Un pretesto più che legittimo per darci in pasto una serie di livelli da esplorare, ma purtroppo qui il gioco inciampa nella sua stessa verbosità. Dialoghi infiniti, spiegazioni inutilmente prolisse e un umorismo così fiacco da sembrare scritto da un algoritmo troppo educato. Non è tanto la trama a deludere – quella, si sa, in questo genere è spesso secondaria – ma la quantità e la qualità delle interazioni narrative spezzano continuamente il ritmo e mettono a dura prova la pazienza del giocatore.

Superata la barriera iniziale fatta di chiacchiere e tutorial eterni, Ruffy and the Riverside inizia finalmente a respirare. La sua ambientazione open world, pur senza ambizioni epiche, riesce a offrire spunti interessanti: piccoli rompicapi sparsi qua e là, mini-livelli in 2D incastonati nei paesaggi 3D, oggetti da collezionare e qualche meccanica inedita. La più caratteristica è quella dello scambio di texture, una trovata potenzialmente geniale che permette di trasformare elementi dello scenario per risolvere puzzle ambientali. Peccato che l’idea, invece di evolversi, si limiti a pochi utilizzi rigidi e prevedibili. Si intuisce che gli sviluppatori avevano tra le mani una buona intuizione, ma anche un budget che non permetteva di spingersi troppo oltre.

La logica dietro questi scambi è spesso arbitraria: puoi sostituire una cascata con delle liane per scalarla, ma non puoi trasformare l’acqua in roccia per attraversarla. Alcuni materiali sono intercambiabili, altri no, senza un vero perché. Il risultato? Rompicapi che oscillano tra il banale e l’assurdo, con poche vie di mezzo. E quando buona parte del gioco è costruita attorno a queste dinamiche, la frustrazione è dietro l’angolo.
Altro tasto dolente è la componente platform vera e propria, che risulta paradossalmente marginale. Ruffy può saltare, planare, arrampicarsi… ma raramente queste abilità vengono sfruttate in sequenze davvero stimolanti. La maggior parte del tempo si trascorre a spostarsi da un enigma all’altro, più che a mettere alla prova i riflessi. Fa eccezione qualche sezione un po’ più dinamica – come le corse su balle di fieno o le aree nascoste da raggiungere con combinazioni di abilità – ma si tratta di parentesi, non della regola.

Dal punto di vista tecnico, il gioco è un po’ zoppicante. Il sistema di controllo è reattivo il giusto, ma non impeccabile. Alcuni oggetti collezionabili si registrano solo al secondo tentativo, la mappa è confusionaria e i marcatori delle missioni a volte sembrano disorientati quanto il giocatore. La presenza di una barra della stamina, sulla falsariga di Breath of the Wild, appare superflua e poco giustificata. Si ha l’impressione che certe idee siano state inserite solo perché “così si fa ora”, senza considerare se servissero davvero all’esperienza complessiva.
Nonostante tutto, ci sono momenti in cui Ruffy and the Riverside riesce a strappare un sorriso: alcuni puzzle più elaborati, scenari ben disegnati e un’estetica che riesce comunque a risultare gradevole. Le animazioni 2D dei personaggi sono curate e piene di personalità (anche se Ruffy ha il vizio di fare gesti strani con le mani che nessuno riesce a spiegare), e il comparto audio regala alcune tracce memorabili. Peccato per i suoni ricorrenti e irritanti, come le risatine che accompagnano quasi ogni movimento del protagonista – simpatiche le prime due volte, insopportabili alla lunga.

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VALUTAZIONE FINALE - Ruffy and the Riverside
Ruffy and the Riverside è un gioco che vorresti amare, ma che ti costringe spesso a tenere le distanze. Ha idee interessanti, una presentazione curata e momenti di sincero divertimento… ma ogni passo avanti è accompagnato da una piccola delusione. Più che un’avventura indimenticabile, è una promessa a metà: un platform che sembra voler accontentare tutti, ma finisce per lasciare un po’ di amaro in bocca a chi cercava davvero un degno erede delle glorie del passato.

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