Expedition 33

Clair Obscur: Expedition 33 – Recensione

Nel giugno dell’anno scorso, lo studio francese Sandfall presentò il trailer di Clair Obscur: Expedition 33. Avevo sentimenti contrastanti: da un lato vedevo qualcosa che sembrava interessante, dall’altro mi sembrava qualcosa di estremamente raffazzonato ma “nascosto” da una bella grafica. Non negherò che fino ad oggi la mia curiosità è rimasta, e finalmente da qualche giorno ho avuto l’opportunità di testare il gioco con mano per dare concretezza alle mie impressioni.

In un mondo sospeso tra sogno e condanna, Clair Obscur: Expedition 33 ci trascina in una realtà dove la morte non è più un evento imprevedibile, ma un rituale ciclico. Ogni anno, un’enigmatica figura chiamata la Pittrice si risveglia e scrive un numero su un monolito. Numero che è partito dal numero 100 e ogni anno si abbassa di uno. Chiunque abbia superato una certa età svanisce, dissolvendosi in una pioggia di petali. È un destino accettato da tutti, perché è sempre stato così. Ogni anno, però, alcune persone si reclutano per partire per una spedizione volta a porre termine a questo ciclo di morte. Di solito coloro che si reclutano sono quelli che moriranno l’anno successivo, naturalmente.

Expedition 33

Ma quest’anno, qualcosa cambia. Vestiamo i panni di Gustave, membro dell’ennesima spedizione – la numero 33 – incaricata di raggiungere la Pittrice e fermarla, prima che scriva il prossimo numero. Nessuna spedizione è mai tornata. Ma la speranza è l’unica cosa che ancora resiste.

Durante l’esplorazione, tra una zona e l’altra, c’è il graditissimo ritorno di qualcosa che negli RPG è ormai scomparso da tempo: l’overworld. La mappa del mondo richiama l’epoca d’oro dei JRPG, con un’estetica che ricorda titoli iconici come i primi Final Fantasy. L’effetto miniaturizzato dei paesaggi dà al tutto un’aria di fiaba distorta. Si viaggia tra zone accessibili in base agli strumenti raccolti lungo la storia, con livelli secondari sparsi che invitano all’esplorazione.

Ogni zona della mappa è un’area a sé, con progressione più lineare ma arricchita da deviazioni e percorsi che si intrecciano. Non ci sono mappe interne, il che può disorientare, ma l’avanzamento non risulta mai realmente bloccato – anche se alcuni giocatori potrebbero dover fare più tentativi per orientarsi.

Expedition 33

Il sistema di combattimento è la vera punta di diamante. A turni, sì, ma con una forte componente dinamica: schivate e parate richiedono tempismo reale, che va a ricordare molto quello che già ben conosciamo dai vari rpg della saga di Mario e Luigi. Più che un esercizio tattico, ogni scontro è una danza di precisione. Le azioni (come gli attacchi speciali, o la possibilità di sparare con la propria arma da fuoco mirando precisamente in quelli che pensiamo possano essere i punti deboli del nemico) consumano punti azione (AP), ma eseguire con successo una parata permette di guadagnarne altri – creando un’interessante situazione di rischio/ricompensa. Sarebbe tutto molto bello, se non fosse che questa meccanica è TROPPO predominante rispetto alla parte puramente strategica: parare e schivare non sono un semplice aiuto integrato nelle nostre tattiche, ma sono un qualcosa di fondamentale. Durante una boss fight ci basterà fallire un paio di volte le nostre schivate (nonostante siano leggermente più semplici da effettuare rispetto alle parate, che devono essere più precise ma consentono un potente contrattacco) per essere totalmente distrutti, e se consideriamo che il tempismo è spesso molto bizzarro (al punto da dover praticamente imparare a memoria le mosse di ogni nemico) e che a volte gli input non vengono presi bene, il tutto finisce col diventare spesso e volentieri quasi frustrante piuttosto che piacevole.

Ogni personaggio del party (fino a tre in campo) ha una propria meccanica unica: per esempio Gustave può accumulare energia per effettuare un attacco devastante una volta arrivato al massimo; Lune sfrutta “macchie elementali” per potenziare le sue abilità; Maelle utilizza le sue mosse per cambiare “stance” e danzare tra assetti offensivi e altri difensivi. Combattere non è mai monotono, e conoscere a fondo il proprio team diventa cruciale.

Per quanto riguarda l’utilizzo degli oggetti, Expedition 33 adotta un approccio simile a quello di Dark Souls. Abbiamo un certo numero di fiaschette di cura che possono far tornare al massimo la salute dell’intero party ma che sono utilizzabili solo fuori dal combattimento, mentre dentro la battaglia abbiamo un limitatissimo numero di fiaschette che curano vita, alcune che aggiungono AP, e altre per resuscitare i caduti. Una volta utilizzate, le fiaschette possono essere riempite nuovamente riposandosi alle bandiere delle precedenti spedizioni (come per i falò di Dark Souls), al costo di far ricomparire tutti i nemici che avevamo precedentemente sconfitto.

Expedition 33

Al termine di ogni livello è possibile accamparsi. Qui si potenziano le fiaschette e le armi, si parla con i compagni e si sbloccano scene opzionali che arricchiscono la caratterizzazione del gruppo. Questo spazio personale offre un prezioso momento di respiro tra le battaglie e permette di approfondire legami e motivazioni. Dovunque ci troviamo, invece, potremo distribuire punti caratteristica ai personaggi e imparare skill, utilizzando le risorse che ci vengono assegnate con l’avanzamento di livello dei personaggi. Ognuno di essi può anche equipaggiare speciali talismani chiamati Picto, che servono a ottenere utili abilità passive le quali, una volta padroneggiate grazie ai punti esperienza, sono assegnabili anche agli altri membri del party.

La narrazione di Clair Obscur: Expedition 33 affascina per il suo mistero. Per tutto il corso del gioco ci chiediamo chi sia questa Pittrice, per quale motivo ha dato vita a questo ciclo di morte, quale è stata la fine delle altre Spedizioni, e molto altro. A queste domande si aggiungono, col progredire del gioco, riflessioni più astratte su memoria, identità e sacrificio.

Non tutto è sempre chiaro: l’uso frequente di allegorie e simbolismi può rendere alcuni momenti narrativi poco immediati. Ma grazie a un cast vocale di altissimo livello – tra cui Charlie Cox, Jennifer English, Ben Starr e Andy Serkis – anche i passaggi più nebulosi riescono ad avere un’ancora emotiva.

VALUTAZIONE FINALE - Clair Obscur: Expedition 33
8.0

Devo ammettere che all’inizio ero perplesso. Un gioco di ruolo a turni, prodotto da uno studio occidentale e con meccaniche così atipiche, sembrava una scommessa pericolosa. Mi aspettavo una copia goffa di modelli giapponesi collaudati, magari priva di anima o direzione. Invece, Clair Obscur: Expedition 33 non solo evita il cliché, ma si ritaglia un’identità propria, netta e affascinante. Il sistema di combattimento, che mescola riflessi in tempo reale a scelte strategiche, può anche sembrare ostico, ma riesce a trasformare ogni scontro in una piccola prova di abilità e sangue freddo. Sul fronte visivo e tecnico, il gioco raggiunge picchi notevoli, con un’estetica raffinata e una direzione artistica che colpisce più per personalità che per ostentazione. Se siete in cerca di un’esperienza ruolistica capace di rompere gli schemi senza rinnegare le proprie radici, Expedition 33 potrebbe sorprendervi come ha fatto con me. È un viaggio che inizia con il dubbio e si conclude con l’ammirazione.

User Rating: 0 ( 0 Votes )

Lascia un commento