Dead Island 2 – Recensione

Di giochi di Zombie ne esistono a bizzeffe. E ce ne sono di famosissimi. Resident Evil tra tutti, ma non dimentichiamo titoli come Dead Rising, o i vari tie-in di The Walking Dead. Cosa si può fare quindi per brillare sopra tutti questi competitor, e ritagliarsi una propria fetta nel mercato e nei cuori dei videogiocatori? Questo è il problema a cui fa fronte Dead Island 2, che dopo la release del primo capitolo, è rimasto in sviluppo per tantissimi anni senza vedere una via d’uscita. Oggi, finalmente, possiamo giocarlo sui nostri PC e sulle nostre console, tuttavia a tratti è inevitabile notare dei cali di stile dovuti allo sviluppo iniziato ormai troppi anni or sono.

Dead Island 2 si discosta completamente dall’ambientazione del primo capitolo. In questo secondo gioco, infatti, seguiremo le gesta di uno dei 6 sopravvissuti di un incidente aereo, che si ritrova a Los Angeles, città completamente invasa dagli zombie, e che dovrà fare di tutto per sopravvivere e per sfuggire a questo incubo. Durante le nostre scorribande incontreremo svariati abitanti di Los Angeles con cui faremo conoscenza per ottenere quest e informazioni. Non è necessario aver giocato a Dead Island per godersi appieno Dead Island 2, tuttavia essendoci qua e là alcuni riferimenti, se avete giocato anche il primo capitolo l’esperienza sarà ancora migliore.

La scelta del personaggio giocabile non avrà alcun effetto sulla storia: i filmati e tutti gli eventi procederanno alla stessa maniera. Tuttavia ogni personaggio, durante il gioco, ha una personalità e righe di dialogo completamente diverse rispetto agli altri, quindi la scelta iniziale dovrebbe essere puramente dettata dal gusto personale.

La cosa veramente bella e interessante di Dead Island 2 è la sua ambientazione accurata. Essendo ambientato nella Los Angeles del mondo reale, infatti, gli sviluppatori hanno ricreato fedelmente la città, rendendo riconoscibili tutti i luoghi di essa a chiunque sia mai stato lì. Beverly Hills, Ocean Avenue, o Santa Monica Pier, tutto è riprodotto fedelmente e sprona il giocatore a esplorare la città da cima a fondo.

Parlando del gameplay vero e proprio, è vero che abbiamo detto che scegliere un personaggio piuttosto che un altro non avrà effetto sulla storia, ma avrà invece grosso impatto sul combattimento e sul modo di approcciare il gioco stesso. Ogni personaggio ha stat molto diverse dagli altri, e allo stesso tempo ognuno di essi possiede un talento unico. Se c’è un personaggio adatto al combattimento corpo a corpo, lento ma resistente, ce n’è un altro ovviamente molto agile e adatto agli attacchi stealth. Nonostante i level up prevedano aumenti di statistiche predefiniti e che non possiamo controllare, il gioco ci metterà a disposizione alcune “carte” che possiamo equipaggiare per ottenere nuovi effetti o cambi di statistiche. Questo ci permetterà di personalizzare ancora di più il nostro personaggio, coprendo i suoi difetti oppure andando a migliorare ancora di più i suoi punti di forza.

Così come nel primo capitolo, le armi equipaggiate tenderanno a rompersi con l’uso, quindi dovremo fare in modo di ripararle spesso nei punti di rifornimento. Tuttavia non è stato fatto un gran lavoro di bilanciamento da questo punto di vista: le armi da fuoco tendono a essere totalmente inutili rispetto ai danni e agli effetti delle armi da mischia, quasi forzandoci a usare queste ultime.

La storia dura indicativamente sulle 15 ore, ma è sulla varietà di nemici che si va a intravedere maggiormente il problema nello sviluppo e la necessità di eseguire tagli al gioco qua e là. I mostri incontrati non sono di molte varietà diverse, e spesso e volentieri persino i boss, dopo essere stati sconfitti, tornano successivamente nelle ondate normali senza modificare il loro modello poligonale, togliendo carisma a mostri che normalmente sarebbero dovuti essere unici. Con molta delusione, persino il boss finale e l’ending sono molto sottotono.